Carissimi,
ecco un altro pillolone che potrebbe tornare utile a qualcuno, e forse a nessuno.
Torniamo a... scquolla
Ortografia è…
... cura dell'aspetto.
La buona ortografia è come la cura della persona: genera credibilità e fidelizza il lettore in poche righe, fin dall'incipit.
A monitor, o su altri display grafici, presi da mille attrattive simultanee, la concentrazione in lettura è fragile, e andrebbe temprata con una scrittura "
normale".
Che cos'è?Si tratta della scrittura che troviamo nei libri di rispetto, sede in cui l'ortografia sfiora o raggiunge la perfezione.
Parliamone
Le congiunzioni che terminano con E accentata meritano tutte il segno acuto:
poiché
perché
nonché
benché
giacché
allorché
affinché
ancorché
anziché
fuorché
finché
[... ...é]
Ahim
è, esclamazione, merita un'eccezione: il suo accento è grave.
Qual è la forma corretta?sì: perlopiù (consigliato)
sì: per lo più (ugualmente corretto ma meno efficace per l'immediatezza grafica)
sì: perlomeno (consigliato per l'immediatezza grafica).
sì: per lo meno (ugualmente corretto ma meno efficace per l'immediatezza grafica).
sì: tantomeno (consigliato)
sì: tanto meno (più arcaico ma ugualmente corretto).
sì: meno maleno: menomalesì: ce n'è, ce n'era, ce n'eranono: ce nè, cenera, ceneranono: ce né, cen'era, cen'eranosì: qual è, qual erano: qual'è, qual'eranono: qualè, qualeranosì: ventenneno: vent'ennesì: vent'annino: ventannisì: tutt'al piùno: tutt'alpiù"ni": tuttalpiù (sconsigliato: ugualmente corretto ma raro, desueto).
sì: un altro (
altro è maschile e, senza alcuna elisione, merita l'indeterminativo tronco:
un).
no: un'altrosì: un'altrano: un altra (
altra è femminile, dunque occorre l'elisione tramite apostrofo).
sì: un'eco (
eco, provenie dal nome della semidea Eco. Il fenomeno della rifrazione acustica mantiene, in suo onore, il femminile. Eco, a causa del suo eccessivo e malefico spettegolare, fu punita dal padre, che dapprima voleva renderla muta. Poi, per compassione, ridimensionò la condanna e le concesse la capacità di ripetere soltanto l'ultimo frammento delle frasi che ascoltava, o che voleva ella stessa pronunciare. Pertanto, anche l'aggettivo per
eco sarà femminile: un'eco lontan
a, un'eco lung
a, un'eco chiar
a, un'eco rapid
a...).
no: un ecosì: alcunchéno: alcun che (per evitare confusione in frasi come:
Non v'è alcun che voglia tacere.sì: innanzi tuttosì: innanzitutto (accettato come unione di grafia [Fonte: Treccani online])
sì: in quantono: inquantosì: anzituttono: anzi tutto (per evitare confusione in frasi come:
Non c'è nulla, anzi: tutto.sì: al di là (nei casi in cui vogliamo esprimere:
oltre quel luogo, fisico o mentale, oppure:
tralasciando...).
sì: aldilà (
soltanto nei casi in cui vogliamo esprimere:
l'oltretomba metafisico, metaforico o spirituale.
I punti di sospensione saranno tre, né più né meno.
Qualsiasi altra forma azzardata risulterà scorretta, e faciliterà la fuga della concentrazione, poiché da qualche parte, nella nostra testa è stampata, sempre in agguato, la perfezione che abbiamo assimilato sui libri rispettabili.
Il puntoVirgola, questo sconosciuto.È un segno utilissimo che, tuttavia, viene puntualmente snobbato dai più. Serve nei periodi lunghi in cui il punto fermo potrebbe distogliere dalla concentrazione quando desideriamo esprimere un tratto tutto d'un fiato.
Vediamo:«Oggi è stata una giornata bellissima, ho fatto mille cose, tutte ben realizzate; non c'è stato un solo attimo di noia né eventi che potessero distrarmi dalla mia passione: la scrittura. Che bello il ticchettio dei tasti, le lettere che scorrono sulle righe come fossero l'estensione dei miei pensieri; ondate di idee che giungevano limpide e ordinate; una giornata in cui sognavo di essere uno scrittore !».Serve anche
quando vogliamo
rafforzare o spiegare il senso della frase o del periodo che va concludendosi:
Ieri, in autostrada, un camionista sembrava alticcio, mi ha tagliato la strada durante un sorpasso; me la sono vista brutta!El puppappero
po – pò – fà – fa’ - sta' – stà - stò – bè – dò - bhe – n'e – nhe - nè...
Errori comunissimi, ma non per questo trascurabili...
Se scriviamo
po oppure
pò, la pronuncia della sillaba non cambia; perché dunque usare un accento senza utilità, e pure scorretto?
Presto detto:
un po' è il troncamento di "un poco"; il segno che merita non è un accento bensì un apostrofo che segnala l'omissione di
"co".
Fa, se si tratta della nota musicale, va scritto, per distinguo, con la F maiuscola, ancor meglio se: FA.
Gli altri
fa sono: un imperativo per la seconda e un coniugato alla terza singolare, e non necessitano di alcun accento; nascono e vivono così poiché, nel tempo,
l’imperativo ha perduto anche l’apostrofo.
Sto, verbo, funziona allo stesso modo di
fa.
Sta (come sopra)
Ben altra cosa è
'sta, il troncamento anteriore di
"questa", una forma dialettale, utile nel discorso diretto qualora il testo preveda un personaggio, appunto, dialettale.
Attenzione, affinché non si creino malintesi o confusione nel testo:
dà, verbo in terza, va accentato, per distinguerlo dalla preposizione:
daMedesimo accorgimento vale per
dì, verbo all’imperativo, che va accentato affinché sia distinguibile dalla preposizione:
di.
Vale anche per:
dì, che sta per
giorno, e per:
lì e
là, distinguendoli - dal pronome e dall'articolo - quando esprimono un luogo.
Vediamo:«Sta lì un po’ e dì la verità sui fatti di quel dì, se non ti dà fastidio. Puoi andare di là o di qua, ma sarà meglio che tu non ti muova da lì.»Sì, affermazione, va accentato affinché possa distinguersi con certezza dalla particella nominale
si (
si fanno...
si dice...).
Beh - esclamazione - vive bene così, quando esprime l'incertezza di colui che inizia una frase non avendo chiaro in mente quel che vorrebbe dire e, di fatto, dovremmo usarlo solo seguito da punti di sospensione.
Può avere, però, un'altra
accezione, che ne cambia decisamente il significato,
nelle forme:
va be' e
be'. Anche questi sono
troncamenti, di:
bene, e necessitano dell'apostrofo, come avviene con:
un po'.
Ad inizio frase, sarà corretto:
«
Va be', ci siamo».
«
Be', ci siamo».
«
Va be', siamo pronti!».
«
Be', siamo pronti?».
«
Va be', partiamo!».
«
Be', partiamo?».
«
Va be', ma cosa vuoi farci?».
«
Be', ma che vuoi farci?».
E in altre occasioni in cui
be' significa, senza dubbi di sorta:
bene.
Se e
séFatto salvo il
se introduttivo del periodo ipotetico, rimane valida una convenzione che riguarda il
sé pronominale, ovvero potremmo
* scrivere:
se stessoe...
se stessasenza l'occorrenza dell'accento.
Altrettanto corretta, poiché nativa, è la scelta di:
sé stesso
sé stessasé stessi
sé stesse.
Tuttavia, nei
due casi finali, abbiamo a che fare con "materiale" che può generare confusione in concomitanza degli omografi:
*se (io)
stessi...*se (tu)
stessi...*se (lei)
stesse...Sceglieremo, dunque, la forma che più si addice per scongiurare ogni possibile fraintendimento. Fatta la scelta, dobbiamo - però - mantenerla costante
in tutti i tratti in cui li useremo, dall'inizio alla fine,
per tutto il testo.
Va da sé, invece, la correttezza, ineludibile, di:
(tenne)
a sé(volle)
per sé(portò)
con sé(parlò)
di séuna faccenda
a sé stante
(pensò solo)
a sé medesimo
Ognuna delle preposizioni semplici (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra)
può precedere il
sé pronominale riflessivo.
Ne e
néUna frase, ortograficamente corretta, può essere:
«Non ne occorrono altri, né bianchi né neri».Oppure:
«Ce n'è? Sì, però ne occorrono altri; ne vale la pena».Ora vediamo:«Non siamo artisti né politici, ne siamo coscienti. Siamo persone semplici».Significa che sappiamo di non essere artisti e che non siamo stati eletti poiché siamo persone semplici.
Se invece scriviamo...
«Non siamo artisti né politici, né siamo coscienti; siamo persone semplici».... significa:
«Non siamo artisti, non siamo stati eletti e non siamo coscienti (stiamo dormendo) poiché siamo persone semplici».Obiezione, Vostra... Insipienza: le persone semplici non sono necessariamente incoscienti, né dormienti !
Ecco, dunque, cosa può generare un segnetto (non) insignificante come un accento mal collocato.
Fonte: autonoma (me medesimo).